Adolescenza: sì, grazie!
Non è una malattia…
Quando dico che lavoro prevalentemente con adolescenti, leggo nel viso dei miei interlocutori un sorriso vagamente ironico, che sembra dire: ‘Tanti auguri…’.
L’adolescenza è spesso considerata un’inevitabile malattia, da cui prima o poi, con l’entrata nell’età adulta, si guarisce. Chiunque lavori con ragazzi dai 12 ai 20 anni sa quanta energia e quale forte investimento richieda questo compito. Il genitore che da un anno all’altro vede il suo piccolo pargolo tenerone trasformarsi in uno spilungone musone con il cellulare perennemente in mano, sa quale sforzo richieda trovare una nuova modalità relazionale.
Io vedo e sento la fatica. Ma per me lavorare con gli adolescenti è soprattutto una grande e bellissima avventura. Infatti, nel lavoro con i ragazzi si abbandona il solido terreno delle certezze, della razionalità, per addentrarsi in un mondo più instabile, ma anche più stimolante, in cui è fondamentale sintonizzarsi sul linguaggio emotivo, più che su quello verbale.
Il cervello adolescente
L’adolescenza è la fase della vita più impegnativa che ciascuno di noi si trova ad affrontare. La quantità di cambiamenti radicali che avvengono nel giro di pochi anni, rappresenterebbero una grandissima sfida anche per una persona adulta. Gli adolescenti partono da una situazione di estremo svantaggio: non solo mancano di esperienza, ma il loro cervello non è ancora arrivato al suo completo sviluppo. I comportamenti che gli adulti ritengono ‘incomprensibili’, spesso attribuiti alla ‘tempesta ormonale’ di cui pensiamo gli adolescenti siano travolti, sono invece riconducibili al fatto che alcune aree del cervello non sono ancora sufficientemente collegate tra loro. La crescita delle fibre nervose che porta alla capacità di controllare il proprio comportamento e ridurre l’impulsività, si conclude infatti solo verso la fine del periodo adolescenziale (che può arrivare fino ai 24 anni).
L’adolescente deve fare i conti con una chimica cerebrale ancora immatura: i livelli base della dopamina, per esempio, sono inferiori rispetto a quelli di altre fasi della vita, mentre il suo rilascio è maggiore quando fa esperienze interessanti. La dopamina è un neurotrasmettitore che il corpo produce in risposta ad un’attività piacevole e stimola la ricerca di un’attività o un’occupazione soddisfacente. Quando i livelli di dopamina sono equilibrati, si prova un intenso piacere ad agire per realizzare qualcosa; al contrario, quando i livelli sono bassi, come negli adolescenti, si manifesta una mancanza di interesse generale per ciò che accade e si prova un senso di noia e di alienazione.
Per ritrovare la vitalità, i ragazzi hanno bisogno di intraprendere attività sempre diverse, ricevere nuovi stimoli, fare molteplici esperienze. I motivi che portano gli adolescenti a concentrarsi esclusivamente sulle gratificazioni positive, senza considerare i rischi e gli effetti negativi del loro comportamento, sono da attribuire a questa condizione di base. Solo negli ultimi anni dell’adolescenza, si sviluppano delle fibre nervose regolative nella parte superiore del cervello, che controbilanciano il sistema della gratificazione della dopamina e consentono di riflettere sull’azione finalizzata a soddisfare il desiderio
Nascono risorse preziose…
In questo periodo di sfide, di sperimentazioni e di disorientamento, gli adolescenti sviluppano delle risorse ‘salvifiche’ che consentono loro di completare lo sviluppo ed approdare nel più tranquillo mondo dei grandi. In una condizione di base che, come ho già detto, manderebbe in crisi qualsiasi adulto, questi sostegni rappresentano degli strumenti efficaci per affrontare la confusione e l’incertezza. È paradossale, ma queste risorse, che in età adolescenziale vengono talvolta portate all’eccesso, sono anche le più demonizzate dagli adulti che tendono a soffermarsi su effetti ed aspetti negativi.
PENSARE ‘OUT OF THE BOX’
Per pensare in modo creativo si usano modelli nuovi e non convenzionali che permettono di guardare alle stesse informazioni e di vedere qualcosa di diverso. L’adolescenza è per eccellenza l’età in cui ci si allontana dal modo di vedere degli adulti, per pensare in modo anticonvenzionale e fuori dagli schemi. Gli studi sulle persone creative ci dicono che si tratta di persone che ancora non conoscono bene se stesse, menti caotiche e complesse, più emotive che razionali. Insomma, la descrizione dell’adolescente medio. Gli adolescenti hanno uno schema di pensiero prevalentemente laterale, guardano i problemi da diverse angolazioni senza concentrarsi su una soluzione diretta: non seguono le leggi causa-effetto, ma procedono ‘a salti’, dando importanza anche alle informazioni poco rilevanti. Il pensiero laterale è oggi uno dei requisiti più richiesti nel mondo del lavoro, soprattutto per posizioni manageriali in cui è fondamentale la capacità di problem solving, di gestione delle risorse e di pensare in modo nuovo ed originale.
FRIENDS WILL BE FRIENDS
Le relazioni che si instaurano in adolescenza hanno in comune due caratteristiche: la fiducia e la spontaneità. Ci si incontra e dopo poco si è già complici, pronti a condividere il proprio mondo, le proprie gioie e dolori. Molte delle amicizie che nascono in adolescenza si perdono per strada; altre rimangono, e rappresentano un insostituibile sostegno durante tutto l’arco della vita. La curiosità, il desiderio di scambio e di condivisione sono elementi importanti che ciascun adulto dovrebbe gelosamente conservare. Spesso, invece, dopo i trent’anni diventa più difficile aprirsi all’altro in modo così immediato e creare con facilità nuovi legami amicali importanti.
EMOZIONI ALL’ENNESIMA POTENZA
Siamo tutti d’accordo: il mondo emozionale degli adolescenti fluttua come una barca in mezzo al mare, dalla calma piatta alla tempesta, in meno di un minuto. Questo è l’effetto dell’impulsività emotiva e dell’incapacità di riconoscere e dare un nome alle proprie emozioni, che così vengono ‘scaraventate fuori’, spesso senza filtri. Se è vero che è la tonalità emotiva che colora la nostra realtà, e che è proprio l’intensità con cui sentiamo le emozioni a permetterci di vivere pienamente, la vitalità dell’adolescenza è qualcosa che difficilmente rimane nella vita adulta. Una delle sofferenze più comuni che incontro è il sentirsi anestetizzati da tutto, dal dolore, ma anche dalla gioia. Gli adolescenti, nel bene e nel male, sono in contatto con le loro emozioni, anche se spesso non le sanno riconoscere o nominare; ciò li rende vitali, vivi, presenti.
RICERCARE IL NUOVO
L’adolescenza è il momento della vita in cui l’essere umano sperimenta e fa esperienze nuove esperienze, che lasceranno una traccia indelebile nella sua mente. Quando gli adulti parlano della loro adolescenza, raccontando gli aneddoti legati alle loro prime volte (i primi rapporti con l’altro sesso, l’esame di maturità, le prime vacanze da soli…) sorridono, si inteneriscono, si rivitalizzano. I teenagers hanno massima competenza su tutto ciò che vi è di nuovo in diversi ambiti, dalla tecnologia alla musica. Sono sempre sui social, vero, ma non solo alla ricerca di like sull’ultima foto che hanno pubblicato. Gli adolescenti amano sapere cosa succede, essere aggiornati, conoscere e immergersi nel loro tempo. È un dato di fatto: sono appassionatamente curiosi.
Mi piace lavorare con gli adolescenti perché vedo le ombre, ma vedo anche le risorse che li condurranno alla luce. E quello che segretamente auguro a loro, ma anche a me, è di non perdere per strada questa energia, questo potere, questa vitalità.
Conservare queste risorse nell’età adulta, significa tenere in vita una parte preziosissima di sé: quell’essere avventuroso, vitale, coraggioso. L’adolescente che siamo stati.
Per saperne di più…
• Daniel J. Siegel, La mente adolescente
• Anna Fabbrini e Alberto Melucci, L’età dell’oro. Adolescenti tra sogno ed esperienza
• Gustavo Pietropolli Charmet, Fragile e spavaldo. Ritratto dell’adolescente di oggi